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UN CITTADINO DEL MONDO

Già nel 1300 d.C. lo troviamo in tutto il Piemonte ormai popolare tra la gente di ogni ceto sociale. Oltre ad essere il pasto preferito dei contadini, accompagnato da una fetta di pane nero, farciva le torte salate dei nobili con la sua pasta morbida dal sapore dolce e aromatico. Un vero e proprio cittadino del mondo, quindi, presente anche sul versante francese, savoiardo e valdostano. 

Se la medicina medievale sconsigliava al ceto nobile il formaggio piccante e poco stagionato, così non era per il Toma. “Ci sono cibi per villani e cibi per gentiluomini” sentenziava il medico Pantaleone da Confienza in servizio alla corte dei Savoia, e citava un detto famoso al tempo: “Dato con parca mano, anche il formaggio è sano”.

IDENTIKIT

Il “Toma Piemontese” è un formaggio di latte esclusivamente vaccino che appartiene alla categoria delle croste lavate, formaggi nella cui produzione la forma viene rivoltata e lavata nell'acqua che si forma nella salatura, dando una particolare consistenza alla crosta. Di forma cilindrica a facce piane, ha un diametro dai 15 ai 35 cm, l’altezza dello scalzo varia dai 6 ai 12 cm, mentre il peso dai 1,8 kg ai 9 kg.

Si presenta in due tipologie: GRASSO: a pasta morbida, prodotta con latte intero - SEMIGRASSO (a pasta elastica/semidura, prodotto con latte parzialmente decremato) detto anche Toma Semigrassa;

 

Stagionatura: varia a seconda delle dimensioni e del peso: da un minimo di 15 giorni per le forme di peso inferiore a 6 kg a un minimo di 60 giorni per le forme di peso superiore fino al massimo di 9 kg. In molti casi si possono avere stagionature molto più prolungate fino anche ai 12 mesi.

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La storia del Toma Piemontese DOP ha origine nei pascoli di montagna e si diffuse nel corso dei secoli verso la pianura. È sicuramente il formaggio più conosciuto della regione, il più amato dai suoi abitanti, e probabilmente uno dei più antichi. Prova ne è il fatto che lo troviamo in tutto il Piemonte, e che ne esistono molte versioni che portano orgogliosamente il nome delle valli in cui viene prodotto. Una testimonianza dell'affetto che lega i piemontesi a questo delizioso formaggio.

I suoi segreti si tramandano da una generazione all'altra da almeno mille anni. Il rapporto antico che lega il Piemonte al Toma - formaggio emblema di questa regione - si riflette nella lingua e nella storia locale. Le prime testimonianze relative alla produzione e all’uso del formaggio in Piemonte risalgono all’XI secolo, quando veniva usato come ingrediente del “pastus”, cibo distribuito ai poveri o ai lavoratori. Data la scarsità di sale, il formaggio, infatti, veniva usato per insaporire le zuppe e le minestre, cibo principale dei meno abbienti. Sembra che i formaggi più popolari fossero proprio quelli dal sapore particolarmente pungente, considerati “formaggio dei poveri”. Ce lo spiega bene Pantaleone Raballo da Confienza nella sua Summa lacticinorum: “Durante la stagionatura, avviene un processo di fermentazione che fa sì che questi formaggi sviluppino un gusto particolarmente pungente che li rende molto utili ai poveri, innanzitutto perché, visto il sapore così forte, ne riescono a mangiare poco; in secondo luogo, perché le pietanze che contengono questi formaggi sono così piccanti da non necessitare di altre spezie o sale”. 

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CARATTERISTICHE SENSORIALI E ORGANOLETTICHE

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Toma Piemontese 

 

Alla vista: Forma cilindrica a facce piane. La crosta è liscia, elastica, di colore paglierino chiaro, che tende al bruno con la stagionatura. Pasta di colore bianco o giallo paglierino chiaro con occhiatura molto minuta.

Al naso: Delicato e armonico, i profumi sono di latte fresco con note di crema e burro. 

Al palato: Sapore dolce, morbido e delicato al gusto, che ricorda fieno ed erba, con aroma lievemente acidulo.  

Toma Piemontese semigrasso 

Alla vista: La forma è cilindrica a facce piane; la crosta è ruvida, di colore più scuro, dal giallo paglierino carico che tende al marrone con la stagionatura. La pasta è elastica/semidura, di colore paglierino, compatta, con un'occhiatura fine, diffusa e distribuita in modo regolare. 

Al naso: Odore fragrante che diviene più caratteristico con la stagionatura.  

Al palato: Sapore pieno, intenso e quasi rustico, che diviene piccante con la stagionatura. Con il tempo può esprimere note di pascolo in piacevole evidenza.

IL TERRITORIO DI PRODUZIONE

È prodotto al di sopra dei 600 metri dal livello del mare e reca quindi in etichetta la dicitura "Prodotto della Montagna". Solo quando la lavorazione avviene al di sopra dei 1000 metri e il latte proviene esclusivamente da animali da pascolo che si cibano per almeno il 90% di flora locale nel periodo compreso tra inizio maggio e fine ottobre, viene riportata la dicitura "di Alpeggio". 

IL DISCIPLINARE DI PRODUZIONE

Il latte viene lasciato riposare fino ad un massimo di 12 ore (per il formaggio grasso a latte intero), e fino ad un massimo di 24 ore (per il formaggio semigrasso a latte parzialmente decremato). Successivamente si procede alla scrematura per affioramento delle forme in caldaia che vengono portate a coagulazione. In seguito viene aggiunto il caglio, si lascia riposare per il tempo di presa e si procede ad una prima grossolana rottura, spesso con rivoltamento dello strato più superficiale che si è raffreddato; a questa fase segue una breve sosta che favorisce un primo massiccio spurgo del siero. Si procede poi ad un’ulteriore spinatura della massa, spesso accompagnata da un ulteriore riscaldamento che può portare alla temperatura di semicottura fino ad un massimo di 48°C. La rottura della cagliata si protrae fino a che i grumi abbiano raggiunto le dimensioni di un chicco di mais o di un grano di riso (rispettivamente per il formaggio a latte intero o a latte parzialmente decremato) e comunque di consistenza elastica. Si lascia poi riposare la massa per alcuni minuti, per dar modo alla cagliata di depositarsi sul fondo e separarsi dal siero. La cagliata raccolta viene messa in fascere e, dopo una prima pressatura, viene lasciata sgrondare dal siero superfluo; durante questa fase il formaggio subisce più rivoltamenti. Si procede poi alla salatura a mano, con sale grosso sparso alternativamente sulle due facce oppure in salamoia. La stagionatura avviene in grotte, cantine o ambienti freschi, con un'umidità pari all'l'85% (tolleranza del ±13%) e una temperatura oscillante dai 6 ai 10 gradi.

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Durante questa fase i formaggi sono rivoltati più volte, lavando le facce con una soluzione di acqua e sale. Solo la presenza del marchio di Origine impressa sulla faccia superiore delle forme e l'applicazione dell'etichetta cartacea con il logo della Denominazione, garantiscono l’autenticità del prodotto. Il logo del Toma Piemontese DOP è riconoscibile per la presenza di una vacca stilizzata di colore blu con la scritta Toma Piemontese in bianco all'interno di una fascia tricolore che rappresenta la bandiera italiana. 

STORIE E LEGGENDE

La storia del Toma è ricca di aneddoti. Risale ad epoca romana la leggenda del grande condottiero cartaginese Annibale che passando le Alpi volle fermarsi nella Val di Susa per assaggiare il Toma del laitbrusc perché era squisito, certo, ma soprattutto perché si vociferava fosse afrodisiaco. Tale virtù parve contagiare pure i suoi soldati che non si innamorarono solo del formaggio, ma anche delle belle ragazze che lo producevano, tanto da decidere di abbandonare l’esercito e mettere su famiglia. 

Fu solo agli inizi del XVII che vennero abolite alcune rigide regole religiose che proibivano il consumo di formaggio nei giorni di “astinenza” e i pregiudizi degli aristocratici, che lo consideravano un cibo volgare e quasi peccaminoso. A metà Ottocento la marchesa Costanza d’Azeglio, nel suo soggiorno estivo in Piemonte, esigeva che il Toma non mancasse mai dalla sua tavola. Tra i suoi commensali figuravano Alessandro Manzoni, lord Palmerston e i Principi di Savoia.

ABBINAMENTI

Il Toma Piemontese DOP si accompagna bene al miele, alle marmellate, al tartufo, e in cucina diventa l’ingrediente chiave di deliziose ricette. Grazie alla sua facilità a fondere, è ideale per la preparazione di zuppe, sformati di patate e nella sua versione grassa serve a farcire la famosa polenta concia. Mentre nella versione semigrassa serve a preparare la fonduta, piatto molto ricco a base di latte e formaggi fusi, specialità piemontese dal sapore intenso e inconfondibile.   

Tradizionalmente viene abbinato ai vini del territorio: nella versione grassa si sposa bene coi vini bianchi, come il Cortese dell’Alto Monferrato, il Gavi, il Roero Arneis e la Favorita. La versione semigrassa è perfetta con i vini rossi, di buon corpo e buona personalità, con profumi abbastanza intensi, moderatamente morbidi e freschi, abbastanza tannici e leggermente caldi. A seconda della stagionatura: Freisa D'Asti, Ruchè di Castagnole Monferrato, Verduno Pelaverga, Dolcetto d'Alba e Barbera d’Asti. 

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